Definizione di preghiera
“Pregare è seguire Cristo che va tra gli uomini, quasi accompagnandolo“. (Sant’Ignazio di Loyola)
“La preghiera è l’estatica contemplazione dell’ Altissimo, nella sua infinita bellezza e bontà: uno sguardo semplice e amoroso su Dio“. (S. Caterina da Bologna )
“L’uomo che prega ha le mani sul timone della storia“. (S. Giovanni Crisostomo)
“La preghiera è un’elevazione della mente a Dio“. (S. Giovanni Damasceno)
«Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il cielo, è un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia». (Santa Teresa di Gesù Bambino, Manoscritto C, 25r)
Le definizioni di preghiere sono davvero tante. Le più autorevoli sono certamente quelle prese dai santi. Ma anche su queste ci troviamo in difficoltà, perché ciascuno accentua una dimensione della preghiera, una sfaccettatura, un dettaglio. Fare una sintesi non è certamente facile.
Ad esempio: la preghiera è l’elevazione dell’anima a Dio o la domanda a Dio di beni convenienti? Sono entrambe vere.
Proviamo a trovare un punto di partenza. Da dove partiamo per pregare? Dall’altezza del nostro orgoglio e della nostra volontà o «dal profondo» (Sal 130,1) di un cuore umile e contrito? Qui la risposta è chiara: É l’umiltà è il fondamento della preghiera. «Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare» (Rm 8,26). L’umiltà è la disposizione necessaria per ricevere gratuitamente il dono della preghiera. L’uomo è un mendicante di Dio.
Allo stesso tempo è Dio stesso che anticipa il nostro bisogno. È Lui che ci viene a cercare e come alla Samaritana al pozzo ci chiede da bere.
La preghiera è l’incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di lui.
Universalità della preghiera
Avendo come base comune il bisogno di Dio possiamo dire che la preghiera appartiene all’uomo di ogni tempo. La preghiera nasce nel cuore di ogni uomo per la naturale consapevolezza di essere creature destinate alla morte. Questa dimensione di finitudine ci interroga e ci porta a scoprire una realtà sproporzionatamente più grande, più divina. A questa Realtà l’uomo di tutti i tempi si rivolge spontaneamente. Questo rivolgersi prende il nome di preghiera.
Amici, in questi esempi di preghiere delle diverse epoche e civiltà emerge la consapevolezza che l’essere umano ha della sua condizione di creatura e della sua dipendenza da un Altro a lui superiore e fonte di ogni bene. L’uomo di tutti i tempi prega perché non può fare a meno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza, che rimane oscuro e sconfortante, se non viene messo in rapporto con il mistero di Dio e del suo disegno sul mondo. (Benedetto XVI, catechesi sulla preghiera 1)
La natura della preghiera è intrinsecamente trascendente, nel senso che è sempre in- indirizzata ad un essere spirituale superiore con cui gli esseri umani cercano di allearsi. Colui che prega si pone, attraverso il discorso, in una posizione asimmetrica rispetto ad un essere trascendente; a volte poi l’atto di pregare può implicare anche un’offerta, o la promessa di un voto.
Perchè si prega?
A questa risposta potremmo rispondere semplicemente: perchè Gesù ha pregato, perchè Gesù stesso ci ha detto di pregare, e perchè Lui stesso ci ha insegnato a pregare con il Padre Nostro. (Lc. 5.16; Mt. 14.23; Mc.3.13; Lc. 6.28; Lc. 22.40…)
Ma vorremmo capire meglio.
La preghiera è un bisogno intimo dell’uomo, innato nel suo cuore. Perchè ? Semplicemente perché Dio ci ha creato affinché entrassimo in comunione con Lui e la preghiera si inserisce in questo gioco di comunione.
La preghiera è uno strumento di amicizia, forse il più alto, il più misterioso, il più sublime. Dice Santa Teresa d’Avila: “La preghiera, altro non è che, un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati”.
Nel gioco della amicizia la componente essenziale è quella della comunicazione. L’amicizia è fondamentalmente un incontro interpersonale e questo non si fa senza parole, senza esplicitazione. L’ immagine di due persone che stanno l’una accanto all’altra, ma non esprimono il loro rapporto, è l’immagine di due persone che non hanno rapporto fra di loro. Quindi nell’amicizia importante è il comunicare. Siamo invitati, quindi, al dialogo con Gesù. E’ questo il senso della preghiera: si prega per accrescere la nostra amicizia con Dio. La preghiera è il mezzo, l’amicizia con Dio è il fine.
Come si prega?
Beh, se la preghiera è comunicazione, allora deve essere fatta di parole. Ma quali parole usare con Dio?
Questa domanda è stata rivolta a Santa Teresa di Lisieux alcuni giorni prima di morire. La sorella Celina le chiese così: “Cosa dici Teresa a Gesù quando preghi?“ E lei rispose: “Io non gli dico niente, io lo amo!”.
Il linguaggio della preghiera è il linguaggio dell’amore. E l’amore ha un cammino preciso da fare, che va dalle parole al silenzio, ma il silenzio della preghiera sarà il massimo della parola.
Naturalmente non si può partire dal silenzio. Occorre partire dalle parole. Ai bambini si chiede di imparare a memoria le preghiere più tradizionali, ai più grandi si chiede di esprimerle attraverso tutta la corporeità.Il corpo è elemento essenziale nella preghiera. Non si prega stravaccati, ma sempre con dignità, preferendo una posizione comoda ma costante, piuttosto che cambiare posizione ogni due minuti.
Va sottolineata nella preghiera la dimensione del canto. Se la comunicazione si avvale delle parole, il canto trascende la parola stessa e ci avvicina di per sè alla dimensione più religiosa. “La mente si accordi alla voce”, ripeteva continuamente S. Benedetto. Non si canta per auto contemplarsi, ma per trascendere se stessi. E’ per questo che vogliamo cantare nella preghiera, perché ci aiuti a viver il linguaggio dell’amore e ci porti pian piano ad assaporare anche il silenzio.
Chi prega?
Apparentemente possiamo dire che siamo noi a pregare. Ma questo non è del tutto vero. Si diceva di S.Francesco: “Non tam orans, quam oratio factus”. Non era più lui che pregava, ma lui stesso era diventato preghiera vivente. E’ lo Spirito Santo a pregare in noi (Rom. 8.15). E allora noi cosa facciamo? Noi collaboriamo alla preghiera. Il nostro è un tentativo di agganciarci alla vera preghiera, un tentativo di sintonizzarci sulla frequenza dello Spirito Santo. Ed è per questo che nella preghiera è indispensabile l’ascolto. L’ascolto del cuore, l’ascolto della Parola di Dio, l’ascolto del silenzio. Prima si ascolta e poi ci si inserisce nel linguaggio dell’amore. Non si può pregare nel frastuono dei pensieri, ma occorre fare silenzio per ascoltare il silenzio. Capire che non siamo noi a pregare, ma è lo Spirito in noi ci da molta più umiltà e frena tutti quei ragionamenti che poco e niente hanno a che vedere con la preghiera.
Chi si prega?
Si prega Dio, non c’è dubbio. Ma il Dio dei cristiani è la Trinità. Si prega quindi il Padre, per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Ed è per questo che la preghiera più importante è il Padre Nostro, perché è rivolta al Padre, ci è stata insegnata dal Figlio e si comprende solo con lo Spirito di Dio.
Ma allora la preghiera ai santi? Pregando con Cristo, siamo uniti con tutti coloro che sono le sue membra. Questo ci fa comprendere che la preghiera non agisce mai da sola, ma sempre assieme agli altri. Insieme si va in Paradiso, da soli si va all’inferno.
Quando si prega?
La nostra preghiera si svolge nel tempo, quindi dentro la nostra giornata. Possiamo dire che è la preghiera stessa a santificare il tempo. La preghiera deve ritmare la vita di ogni giorno. Col mattino il giorno si rinnova e poi si conclude con la sera. Nel mattino si ripete ogni volta il principio di tutta la vita, nella sera è presagita la fine ultima, cioè la morte. Tutto ciò si esprime nella preghiera del mattino e della sera. Se esse vengono a mancare, la giornata perde ogni dignità umana. La sera si aggancia al giorno e viceversa. La giornata comincia sempre dalla sera precedente. Il giorno comincia col risveglio e questo è gradito o meno dipendentemente da come si è dormito. Ma il sonno è determinato da ciò che lo ha immediatamente preceduto. Il raccoglimento del mattino e della sera deve raccogliere le gioie, le preoccupazioni e i dolori di tutta la giornata. Non si potrà mai valutare abbastanza l’importanza di questo raccoglimento.
Altro momento indispensabile alla preghiera è prima di mangiare. Il pasto era nell’antichità di tutti i popoli un profondo atto religioso. Esso significava comunione con la divinità e insieme comunione reciproca con i commensali. Una cosa è sedersi per godere solo della buona tavola, altro è ricevere il cibo dalla mano di Dio e dirgli Grazie.
Potrebbero essere quindi tre i momenti principali: al sorgere e al tramonto del sole e a mezzogiorno prima dei pasti. Così pregavano i grandi profeti dell’Antico Testamento: “Daniele innalzava tre volte al giorno la sua preghiera” (Dan. 6.14), e così fa la Chiesa nelle tre grandi preghiere delle lodi, del vespro e dell’ora media.